Atti per i quali è previsto il diritto di accesso – Richiesta di acquisizione di atti presupposti – Rigetto – Testo di risposta scritta ad interrogazione parlamentare – Atto di natura politica – Irrilevanza – Pubblicità di atto di sindacato politico – Rilevanza – Assimilazione agli atti e documenti amministrativi – Sussistenza.
Nozione di documento amministrativo – Atto anche interno concernente attività di pubblico interesse – “Natura” dei documenti richiesti – Irrilevanza – “Pertinenza ad un determinato procedimento – Ulteriore irrilevanza – Attività amministrativa nella più ampia accezione di attività di pubblico interesse – Sussistenza.
La speciale Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi non può inibire l’accesso, l’esame e l’estrazione di copia di atti anche interni sul presupposto che tra essi vi sarebbero atti di natura politica, peraltro assimilati a quelli amministrativi.
L’art. 22, lett. d), della legge n. 241 del 1990 definisce “documento amministrativo” ogni atto “ anche interno o non relativo ad uno specifico procedimento detenuto dalla pubblica amministrazione e concernente attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. Tanto più allorquando si tratta di atti presupposti la cui conoscenza appare necessaria per avere piena contezza dell’azione svolta dall’Am,ministrazione.
(TAR Lazio, I, 8.10.2008, n. 9637 – F.B. c° Presid. Consiglio dei Ministrio e Min. Interno)
Considerata l’importanza del provvedimento, se ne riporta il testo .
Omissis
F A T T O
Il dott. B, vice questore aggiunto della Polizia di Stato, espone di avere avuto accesso, in data 4 marzo 2008, al proprio fascicolo personale presso il Dipartimento della pubblica sicurezza e di avere rinvenuto al suo interno una nota dell’Ufficio legislazione e affari parlamentari presso la Segreteria del medesimo Dipartimento, con la quale si chiedeva alla Questura di Roma e alle Direzioni centrali per le risorse umane e di sanità di ottenere elementi di risposta ad un atto di sindacato ispettivo, consistente in un’interrogazione a risposta scritta formulata da un componente del Senato della Repubblica.
Il 28 marzo 2008 il dott. B formulava istanza di accesso alla “risposta esauriente all’atto di sindacato ispettivo” e agli atti ad essa presupposti, motivandola con la necessità di tutelare la propria immagine e la sua sfera professionale.
Il 7 maggio successivo giungeva il diniego, nel quale si evidenziava che il suddetto sindacato riguardava l’attività di controllo politico-istituzionale posta in essere dal Parlamento sull’operato del Governo, sicché esso fuoriusciva dalla sfera della funzione amministrativa.
L’istante si vedeva costretto a replicare, osservando che egli richiedeva esclusivamente di visionare gli atti presupposti alla risposta resa al Parlamento, essendo quest’ultima già pubblica, affermando che si trattava di provvedimenti formati e detenuti dalla pubblica amministrazione.
Il 19 maggio interveniva la conferma del diniego di accesso, che veniva impugnata dinanzi alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, costituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Avverso la decisione di rigetto di quest’ultima, l’interessato ha proposto ricorso, deducendo:
Violazione dei principi in materia di accesso recati dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, in quanto gli atti di cui si è chiesta la visione costituirebbero a tutti gli effetti “documenti amministrativi”, soprattutto dopo la modifica apportata dalla legge 11 febbraio 2005 n. 115 all’art. 22 della legge epigrafata.
Inconferente nella specie sarebbe, poi, la decisione giurisdizionale citata dalla Commissione, in quanto essa riguarda un parere dell’Avvocatura dello Stato ed attiene ad un’interpellanza parlamentare e non, come nel caso in esame, ad un’interrogazione, essendo quest’ultima priva del diretto riferimento all’attività di indirizzo politico.
Si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate.
D I R I T T O
Per verificare la fondatezza della pretesa attorea occorre partire dalla decisione assunta dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi.
Essa ha affermato che la risposta scritta ad un’interrogazione parlamentare costituisce un atto non di natura amministrativa ma politica, sicché ad essa sarebbe inibito l’accesso, atteso che la legge n. 241 cit. si applicherebbe solo ai “documenti amministrativi formatisi nel corso di procedimenti amministrativi”.
La Commissione cita a sostegno la sentenza n. 9344 del 2005 del T.A.R. Lazio, sezione III ter, riferita specificamente agli atti presupposti alla risposta ad un’interpellanza parlamentare.
Deve osservarsi, in primo luogo, che la Commissione, nel suo provvedimento, ha effettuato una totale assimilazione, quanto alla natura, della “risposta” – in senso tecnico – agli “atti e/o documenti utilizzati per la redazione della stessa, compresa la corrispondenza con altri Uffici”.
Va aggiunto che la “risposta”, riferita all’atto di sindacato politico, è stata resa pubblica sulla pagina web della Camera dei deputati, , tant’è che essa è stata allegata al ricorso (doc. n. 6).
Conseguentemente, la richiesta di accesso formulata nella specie è riferita ai soli atti interni, formati dai competenti uffici del Ministero dell’interno, ed utilizzati per fornire gli elementi di risposta all’interrogazione parlamentare.
Allo stato, quindi, al dott. B., che pure aveva acquisito piena contezza del provvedimento, per così dire, “finale”, è stata inibita la conoscenza degli atti presupposti.
Deve osservarsi, inoltre, che quello azionato costituisce l’unico strumento giuridico a sua disposizione per avere piena contezza di accertamenti effettuati dall’amministrazione, che lo riguardano direttamente.
In diritto, il provvedimento impugnato, così come il diniego che l’ha preceduto, si basa su un’interpretazione dell’art. 22 della legge n. 241 cit., che attribuisce rilievo decisivo alla finalità perseguita dagli atti ai quali si chiede l’accesso, consentendolo solo per quelli formatisi nel corso di procedimenti amministrativi. Rimarrebbero, conseguentemente, esclusi quelli preordinati, come nella specie, ad una determinazione finale di natura politica.
La tesi esposta confligge palesemente con la lettera e la ratio dell’art. 22, lett. d), più volte citato.
La norma definisce “documento amministrativo”, sottoposto all’accesso, ogni atto “anche interno o non relativo ad uno specifico procedimento detenuto dalla pubblica amministrazione e concernente attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.
Il Legislatore ha utilizzato una formula così ampia, evidentemente, per esaltare il principio della massima trasparenza della pubblica amministrazione, a cui tutta la legge n. 241 cit. è informata.
Il diritto di accesso prescinde pertanto sia dalla “natura” dei documenti richiesti, sia, soprattutto, dalla loro pertinenza ad un “determinato” procedimento.
I presupposti legittimanti sono, pertanto, costituiti, da un lato, dalla detenzione di un atto da parte della p.a. e, dall’altro, dalla sussistenza di un interesse qualificato alla visione di esso, in funzione, evidentemente, della tutela (non necessariamente giudiziaria) della posizione soggettiva del richiedente.
Tale conclusione è definitivamente confermata dall’introduzione, ad opera della legge n. 15 cit., di una dicitura ancora più ampia di quella prevista dal testo originario dell’art. 22, il quale recava la seguente definizione di “documento amministrativo”: “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa”.
Vi è da dire che, già nel vecchio testo, l’avverbio “comunque” dava contezza del non necessario collegamento tra atto e procedimento, dovendosi ritenere l’espressione utilizzata come di carattere residuale – e, quindi, di chiusura del sistema – rispetto a quella principale, riferita agli atti (evidentemente, di qualsiasi natura e per qualsivoglia finalità) “formati dalle pubbliche amministrazioni”.
In ogni caso, l’aver sostituito l’espressione “attività amministrativa” con “attività di pubblico interesse” conferma quanto detto in precedenza circa l’assoluta irrilevanza della connessione fra atto detenuto e procedimento amministrativo, posta a base del diniego serbato.
Le considerazioni effettuate consentono di prendere meditatamente le distanze dal precedente giurisprudenziale citato a sostegno dalla Commissione di accesso, così come di sganciare la sorte degli atti, oggetto della richiesta di accesso, da quello finale, la cui effettiva natura, per quanto testé detto, non assume alcun rilievo sulla pretesa attorea.
Il ricorso va, pertanto, accolto, dovendosi affermare l’obbligo del Ministero dell’interno di consentire l’accesso dell’interessato a tutti gli atti, formati e detenuti, in forza dei quali è stata formulata la risposta scritta all’interrogazione parlamentare, risposta della quale, come si è detto, il dott. B. ha già autonomamente preso visione.
Le spese di giudizio vanno poste a carico delle amministrazioni soccombenti, da suddividersi fra loro in parti uguali.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima, accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, ordina al Ministero dell’interno, in persona del rappresentante legale p.t., di consentire l’accesso del dott. B. agli atti indicati in parte motiva, nel termine di giorni 30, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza. Condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero dell’interno… ecc.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.